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Jim Morrison e i Doors: Il Re Lucertola del Rock Psichedelico che Ha Aperto le Porte della Percezione

Nel pantheon delle leggende del rock, pochi nomi risuonano con la stessa intensità mistica e magnetismo selvaggio di Jim Morrison e i Doors. Questa band di Los Angeles, attiva dal 1965 al 1973, non si è limitata a creare musica: ha forgiato un universo sonoro e poetico che ha ridefinito per sempre i confini del rock psichedelico, trasformando ogni concerto in un rituale sciamanico e ogni canzone in un viaggio attraverso le profondità della coscienza umana.

James Douglas Morrison, il carismatico frontman conosciuto come “The Lizard King”, incarnava l’essenza stessa della controcultura degli anni ’60: poeta, performer, filosofo e provocatore, ha trasformato il palcoscenico rock in un teatro dell’assurdo dove realtà e sogno si fondevano in performance indimenticabili. La sua voce profonda e ipnotica, unita alla musicalità visionaria di Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore, ha creato un sound unico che continua a influenzare musicisti e artisti di tutto il mondo.

I Doors rappresentano l’apice del rock psichedelico americano, un movimento che ha sfidato le convenzioni musicali e sociali dell’epoca, aprendo nuove dimensioni di esplorazione artistica e spirituale. La loro eredità non si misura solo in dischi venduti o premi vinti, ma nell’impatto profondo e duraturo che hanno avuto sulla cultura popolare, sulla poesia contemporanea e sull’immaginario collettivo di generazioni di appassionati di musica.

Le Origini: Quando Quattro Anime si Incontrarono a Los Angeles

Jim Morrison: Il Poeta del Caos

James Douglas Morrison, in arte Jim Morrison, nacque a Melbourne, Florida, l’8 dicembre 1943, figlio di un ufficiale della Marina degli Stati Uniti. Questa origine militare, paradossalmente, alimentò in lui un profondo spirito di ribellione che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Cresciuto in una famiglia che si trasferiva frequentemente per via del lavoro del padre, Morrison sviluppò fin da giovane un senso di alienazione e di ricerca di identità che si sarebbe riflesso profondamente nella sua arte.

Studente brillante ma irrequieto, Morrison si iscrisse all’UCLA per studiare cinematografia, dove scoprì la sua passione per la poesia, la filosofia e le arti visive. Fu durante questi anni universitari che iniziò a sviluppare quella visione artistica complessa e sfaccettata che avrebbe caratterizzato la sua carriera. Influenzato dai poeti beat come Jack Kerouac e Allen Ginsberg, dai filosofi come Friedrich Nietzsche e dai registi europei della Nouvelle Vague, Morrison stava forgiando un’estetica unica che fondeva letteratura, cinema e musica.

L’incontro con i libri di Aldous Huxley, in particolare “The Doors of Perception”, sarebbe stato determinante non solo per la scelta del nome della band, ma per l’intera filosofia artistica di Jim Morrison. Huxley descriveva l’esperienza psichedelica come un’apertura delle porte della percezione che permetteva di accedere a dimensioni normalmente precluse alla coscienza ordinaria. Questa idea divenne centrale nell’approccio artistico di Morrison, che vedeva la musica e la performance come strumenti per espandere la coscienza e liberare l’anima dalle convenzioni sociali.

Ray Manzarek: Il Maestro delle Tastiere Cosmiche

Raymond Daniel Manzarek, nato a Chicago nel 1939, portò nei Doors non solo una straordinaria competenza musicale, ma anche una visione artistica complementare a quella di Morrison. Pianista classico formatosi alla DePaul University e successivamente all’UCLA, Manzarek possedeva una cultura musicale vastissima che spaziava dal jazz al blues, dalla musica classica alle avanguardie contemporanee.

Il suo incontro con Morrison sulla spiaggia di Venice nel 1965 rappresenta uno di quei momenti fatali che cambiano la storia della musica. Quando Morrison gli recitò alcuni versi di “Moonlight Drive”, Manzarek intuì immediatamente il potenziale esplosivo di quella poesia e propose di formare una band. La sua visione era ambiziosa: creare una musica che fosse cinematografica, letteraria e spirituale allo stesso tempo.

Manzarek divenne l’architetto sonoro dei Doors, utilizzando un innovativo setup che includeva organo Vox Continental, pianoforte elettrico Fender Rhodes e un basso Moog suonato con la mano sinistra. Questo approccio strumentale unico, che sostituiva il bassista tradizionale con combinazioni di tastiere, conferì ai Doors un sound distintivo e inconfondibile che li differenziava da tutte le altre band dell’epoca.

Robby Krieger: Il Chitarrista Visionario

Robert Alan Krieger, nato a Los Angeles nel 1946, portò nella band una sensibilità musicale eclettica che attingeva dal flamenco, dal raga indiano, dal blues e dal jazz. Autodidatta sulla chitarra, Krieger aveva sviluppato uno stile personalissimo caratterizzato da un uso innovativo degli effetti, delle scale orientali e delle tecniche di fingerpicking che conferivano alla musica dei Doors quella dimensione mistica e ipnotica che divenne il loro marchio di fabbrica.

La sua formazione non convenzionale si rivelò un asset prezioso per la band: mentre molti chitarristi rock si limitavano agli schemi blues-rock tradizionali, Krieger portava influenze esotiche che perfettamente si sposavano con la poetica visionaria di Morrison e le architetture sonore di Manzarek. Canzoni come “Light My Fire” e “Love Me Two Times” nacquero dalla sua creatività compositiva, dimostrando che non era solo un ottimo esecutore ma anche un songwriter di talento.

John Densmore: Il Battito del Cuore Psichedelico

John Paul Densmore, nato a Los Angeles nel 1944, completava la formazione con una sezione ritmica sofisticata che attingeva dal jazz, dal rock e dalle percussioni etniche. Formatosi studiando batteria jazz, Densmore portava nei Doors un approccio ritmico complesso e articolato che andava ben oltre i semplici schemi rock dell’epoca.

La sua capacità di creare atmosfere attraverso l’uso creativo di rullanti, piatti e percussioni minori era fondamentale per costruire quei paesaggi sonori misteriosi e ipnotici che caratterizzavano le performance della band. In brani come “The End” o “When the Music’s Over”, i suoi pattern ritmici diventavano veri e propri incantesimi che sostenevano le esplorazioni vocali di Morrison e le architetture di Manzarek.

L’Esplosione Creativa: Dai Club di Sunset Strip al Successo Mondiale

I Primi Passi al Whisky a Go Go

La storia dei Doors e Jim Morrison come band inizia ufficialmente nell’estate del 1965, quando i quattro musicisti iniziarono a suonare insieme nei club di Sunset Strip. Il Whisky a Go Go divenne la loro casa artistica, il luogo dove perfezionarono quel sound unico che li avrebbe resi famosi in tutto il mondo. Le performance al Whisky erano già leggendarie: Jim Morrison trasformava ogni concerto in un’esperienza teatrale totale, dove musica, poesia e performance si fondevano in un’unica esperienza trascendentale.

Era in questi concerti che nacque il mito di Jim Morrison come “Lizard King”, una figura sciamanica che guidava il pubblico in viaggi attraverso territori inesplorati della coscienza. Le sue performance erano imprevedibili e intense: poteva passare da sussurri ipnotici a urla primordiali, da movimenti felini a danze estatiche, creando un’atmosfera di tensione erotica e spirituale che elettrizzava il pubblico e scandalizzava i puritani.

Il periodo al Whisky a Go Go fu fondamentale anche per lo sviluppo musicale della band. Suonando ogni sera per mesi, i quattro musicisti svilupparono una comunicazione telepatica che permetteva loro di improvvisare estese jam session che trasformavano brani di tre minuti in epiche esplorazioni di venti o trenta minuti. Questa capacità di improvvisazione collettiva divenne una delle caratteristiche distintive delle performance live dei Doors.

Il Primo Album: Una Dichiarazione di Intenti

Il primo album dei Doors, uscito nel gennaio 1967, rappresenta una delle pietre miliari del rock psichedelico. Registrato in pochi giorni negli studi Sunset Sound di Hollywood, l’album cattura perfettamente l’energia selvaggia e visionaria delle performance live della band, trasformando le provocazioni e le visioni di Morrison in undici tracce di pura genialità artistica.

“Light My Fire” divenne immediatamente un classico, dimostrando che i Doors potevano essere commerciali senza rinunciare alla loro complessità artistica. Il brano, scritto da Robby Krieger, combinava melodie accattivanti con sezioni strumentali estese che permettevano a ogni membro della band di brillare. L’assolo di organo di Manzarek e quello di chitarra di Krieger divennero immediatamente iconici, mentre la voce di Morrison trasformava il testo apparentemente semplice in un inno alla passione e alla liberazione.

Ma è “The End” che rappresenta veramente il manifesto artistico dei Doors. Questo brano di undici minuti è un viaggio attraverso i territori più oscuri della psiche umana, dove Morrison esplora temi di morte, rinascita e liberazione attraverso una performance vocale che spazia dal sussurro al grido primordiale. La musica di sottofondo, creata dalle improvvisazioni della band, costruisce un paesaggio sonoro ipnotico che accompagna l’ascoltatore in un viaggio iniziatico attraverso “l’altro lato” della realtà.

L’Estetica Psichedelica: Suono, Visioni e Filosofia

Il Sound Unico dei Doors

Il sound dei Doors era inconfondibile e irripetibile, caratterizzato da una combinazione di elementi che nessun’altra band è mai riuscita a replicare completamente. L’assenza del basso tradizionale, sostituito dalle linee di basso suonate da Manzarek con la mano sinistra su tastiere varie, conferiva alla musica una leggerezza e un’agilità che permettevano escursioni sonore impossibili con le formazioni rock tradizionali.

L’organo Vox Continental di Manzarek diventò lo strumento signature della band, capace di creare tanto atmosfere gotiche e misteriose quanto esplosioni di energia psichedelica. Il suo suono, processato attraverso amplificatori valvolari e effetti primitivi ma efficaci, creava tappeti sonori che potevano essere tanto delicati quanto devastanti, supportando perfettamente le acrobazie vocali di Morrison.

La chitarra di Krieger, accordata spesso in modi non convenzionali e processata attraverso effetti wah-wah e distorsioni, aggiungeva colori esotici e texture inusuali che trasportavano l’ascoltatore in dimensioni sonore inesplorate. Il suo uso delle scale orientali e delle tecniche flamenco conferiva ai brani dei Doors un sapore internazionale che li distingueva dal rock americano contemporaneo.

Le Liriche: Poesia e Provocazione

Jim Morrison non era semplicemente un cantante, ma un poeta che utilizzava la musica come veicolo per le sue visioni letterarie. Le sue liriche attingevano da una vastissima cultura che includeva i poeti simbolisti francesi, i mistici sufi, la letteratura beat e la filosofia esistenzialista. Questo background culturale trasformava anche le canzoni più commerciali dei Doors in opere dense di significati e riferimenti colti.

I temi ricorrenti nelle liriche di Morrison includevano la morte come trasformazione, l’amore come forza cosmica, la ribellione contro l’autorità e la ricerca di esperienze trascendentali attraverso l’arte e la vita vissuta agli estremi. Brani come “Break On Through”, “When the Music’s Over” e “Five to One” erano tanto manifesti generazionali quanto esplorazioni poetiche di temi universali.

La provocazione era un elemento centrale nell’approccio lirico di Morrison, che non esitava ad affrontare tabù sociali e sessuali con una franchezza che scandalizzava l’America conservatrice degli anni ’60. Questa attitudine provocatoria non era fine a sé stessa, ma serviva a scuotere le coscienze e a liberare gli ascoltatori dalle convenzioni limitanti della società borghese.

L’Estetica Visuale: Immagini di Sogni e Incubi

L’estetica visuale dei Doors, dalle copertine degli album alle performance dal vivo, rifletteva perfettamente la loro musica visionaria e provocatoria. Joel Brodsky, il fotografo che realizzò molte delle immagini iconiche della band, catturò quella dimensione mistica e sensuale che caratterizzava il gruppo, creando ritratti che sembravano emergere da sogni o incubi.

Le copertine degli album dei Doors sono vere opere d’arte che utilizzano simbolismo esoterico, riferimenti letterari e immagini oniriche per comunicare visivamente la filosofia della band. La copertina di “Strange Days”, con i suoi personaggi circensi e la sua atmosfera surreale, rappresenta perfettamente l’estetica psichedelica del gruppo, mentre quella di “Waiting for the Sun” gioca con simboli solari e immagini di trasformazione.

Le performance dal vivo erano anch’esse eventi visuali totali, dove l’illuminazione, i costumi e la scenografia concorrevano a creare un’esperienza sensoriale completa. Morrison, con i suoi celebri pantaloni di pelle nera e le sue movenze felini, diventava una figura sciamanica che incarnava visivamente la musica della band.

Le Performance Leggendarie e i Concerti Storici

L’Hollywood Bowl: Il Trionfo Californiano

Il concerto all’Hollywood Bowl del 5 luglio 1968 rappresenta l’apogeo delle performance live dei Doors e uno dei momenti più alti del rock psichedelico americano. Di fronte a 17.000 spettatori in delirio, la band offre una performance che viene immediatamente riconosciuta come leggendaria, combinando perfezione musicale e intensità drammatica in un evento che definisce nuovi standard per i concerti rock.

Morrison quella sera era in stato di grazia: la sua voce, potente e controllata, navigava attraverso registri diversi con una maestria che lasciava il pubblico senza fiato, mentre le sue performance fisiche trasformavano ogni brano in un piccolo dramma esistenziale. La scaletta includeva tutti i grandi successi della band, ma anche estese improvvisazioni che dimostravano la maturità artistica raggiunta dal gruppo.

La registrazione di questo concerto, successivamente pubblicata su un album, cattura solo parzialmente l’energia magnetica di quella serata, ma rimane una testimonianza importante della capacità dei Doors di trasformare un concerto rock in un’esperienza spirituale e artistica di alto livello. L’eco di quella performance continua a influenzare musicisti e performer di tutto il mondo.

Miami: La Controversia che Cambiò Tutto

Il concerto del 1° marzo 1969 al Dinner Key Auditorium di Miami divenne uno degli eventi più controversi nella storia del rock, segnando un punto di svolta nella carriera dei Doors e nell’atteggiamento della società americana verso la musica rock. Quella sera, Morrison, presumibilmente sotto l’effetto dell’alcol, offrì una performance particolarmente provocatoria che includeva linguaggio esplicito e gestualità che alcuni interpretarono come un atto di exhibitionism.

Le accuse di indecent exposure e altre imputazioni legali che seguirono il concerto trasformarono Morrison in un simbolo della controcultura perseguitata dall’establishment, ma allo stesso tempo limitarono severamente le possibilità di tournée della band. Molti promoter, spaventati dalle controversie, cancellarono concerti già programmati, riducendo drasticamente le opportunità di performance dal vivo dei Doors.

Questo evento segnò l’inizio di un periodo difficile per Morrison, che si trovò al centro di una battaglia legale che si protrasse per anni e che contribuì al suo progressivo allontanamento dalla musica per dedicarsi sempre più alla poesia e al cinema. La vicenda di Miami dimostrò come il potere provocatorio dell’arte rock potesse scontrarsi violentemente con i valori conservatori dell’America di fine anni ’60.

L’Evoluzione Artistica: Dagli Esperimenti Sonori alla Maturità Poetica

Strange Days e l’Espansione del Sound

Il secondo album dei Doors, “Strange Days” (1967), rappresenta un’evoluzione naturale del sound della band verso territori ancora più sperimentali e psichedelici. Registrato negli studi Sunset Sound tra maggio e agosto del 1967, l’album mostra una band sempre più sicura delle proprie capacità e sempre più audace nelle sue esplorazioni sonore.

Brani come “People Are Strange” e “Love Me Two Times” dimostrano la capacità dei Doors di creare hit commerciali senza rinunciare alla loro identità artistica, mentre “When the Music’s Over” rappresenta un’epica esplorazione di oltre dieci minuti che anticipa molte delle sperimentazioni del rock progressivo. La title track, con la sua atmosfera ipnotica e i suoi riferimenti alle trasformazioni sociali degli anni ’60, diventa un inno generazionale.

L’album include anche esperimenti con l’elettronica primitiva e con registrazioni di suoni ambientali che ampliano la palette sonora della band, dimostrando come i Doors fossero sempre alla ricerca di nuove possibilità espressive. Questa costante spinta all’innovazione li distingueva dalla maggior parte delle band rock contemporanee, spesso limitate a formule consolidate.

The Soft Parade: Jazz, Blues e Sperimentazione

“The Soft Parade” (1969) rappresenta forse l’album più sperimentale dei Doors, un’opera che divide ancora oggi critici e fan ma che testimonia la volontà della band di non limitarsi a ripetere formule di successo. L’introduzione di sezioni d’archi e di ottoni, arrangiati da Paul Harris, crea atmosfere orchestrali inusuali nel rock dell’epoca, mentre l’approccio compositivo si fa più jazzistico e strutturato.

Morrison utilizza questo contesto musicale più raffinato per esplorare temi poetici ancora più complessi, creando dei veri suite musicali che richiedono ascolti attenti e ripetuti per essere completamente apprezzate. “Touch Me” diventa un successo commerciale, ma brani come “Shaman’s Blues” e “Wild Child” mostrano una maturità artistica che va ben oltre le aspettative commerciali.

L’album, pur non raggiungendo l’impatto immediato dei lavori precedenti, si rivela con il tempo una delle opere più innovative della discografia dei Doors, anticipando molte delle sperimentazioni del rock degli anni ’70 e dimostrando come la band fosse sempre in evoluzione artistica.

Jim Morrison: Poeta, Filosofo e Icona Culturale

La Formazione Intellettuale e le Influenze

Jim Morrison non era semplicemente un cantante rock, ma un intellettuale che aveva trasformato il palcoscenico in una cattedra di filosofia esistenziale e poesia visionaria. La sua formazione culturale, che includeva studi approfonditi di letteratura, cinema, antropologia e filosofia, traspareva in ogni aspetto della sua arte, dalle liriche delle canzoni alle performance dal vivo.

Le sue influenze letterarie spaziavano dai poeti simbolisti francesi come Rimbaud e Baudelaire ai beat americani come Kerouac e Ginsberg, dai filosofi esistenzialisti come Nietzsche e Sartre agli antropologi come Frazer e Eliade. Questa vastissima cultura si rifletteva in liriche dense di riferimenti colti che elevavano il rock psichedelico a forma d’arte letteraria.

Morrison vedeva se stesso prima di tutto come un poeta che utilizzava la musica come veicolo per raggiungere un pubblico più vasto. I suoi quaderni, riempiti di poesie e riflessioni filosofiche, testimoniano un artista in costante ricerca espressiva che utilizzava ogni mezzo disponibile per comunicare la sua visione del mondo e dell’esperienza umana.

Il Carisma Scenico e l’Arte della Performance

Sul palcoscenico, Morrison si trasformava in una figura sciamanica che guidava il pubblico attraverso esperienze collettive di catarsi e liberazione. Le sue performance non erano semplici concerti, ma veri rituali moderni dove musica, poesia e teatro si fondevano in un’esperienza totale che coinvolgeva tutti i sensi.

La sua presenza fisica era magnetica: alto, snello, con lunghi capelli ricci e vestito sempre di pelle nera, incarnava perfettamente l’archetipo del poeta maledetto moderno. I suoi movimenti sul palco, studiati e spontanei allo stesso tempo, combinavano elementi della danza moderna con gestualità primitive che richiamavano rituali ancestrali.

La voce di Morrison era uno strumento di incredibile versatilità ed espressività: poteva passare da sussurri intimi che raggiungevano anche l’ultima fila a urla primordiali che sembravano emergere dalle profondità dell’animo umano. Questa gamma dinamica permetteva alla band di creare drammi sonori di grande impatto emotivo e spirituale.

L’Ossessione per la Morte e la Trascendenza

La morte era un tema centrale nell’arte di Morrison, non come morbosa fascinazione, ma come porta verso la trascendenza e la liberazione spirituale. Influenzato dalle letture di antropologia e filosofia orientale, vedeva la morte come trasformazione piuttosto che fine, come passaggio verso dimensioni superiori della coscienza.

Brani come “The End”, “Not to Touch the Earth” e “When the Music’s Over” esplorano questi temi con una profondità poetica e un’intensità emotiva che trasformano l’ascolto in un’esperienza iniziatica. Morrison utilizzava la metafora della morte per parlare della necessità di abbandonare le convenzioni sociali e di rinascere come individui liberi e autentici.

Questa ossessione profetica si rivelò tristemente premonitrice quando Morrison morì a Parigi il 3 luglio 1971, all’età di 27 anni, entrando nel macabro “Club dei 27” che include molte delle stelle del rock morte prematuramente. La sua morte, ancora avvolta nel mistero, trasformò definitivamente il cantante in un’icona immortale della controcultura.

L’Eredità Immortale: Influenze e Ispirazioni

L’Impatto sulla Musica Rock

L’influenza dei Doors sulla musica rock è immensa e continua a manifestarsi nelle opere di innumerevoli artisti contemporanei. Il loro approccio che fondeva poesia, teatro e musica ha aperto nuove possibilità espressive che sono state esplorate da generazioni di musicisti successivi, dal punk rock al gothic, dall’alternative rock al metal sperimentale.

Band come i Pearl Jam, gli Stone Temple Pilots, i The Cult e molti altri hanno riconosciuto apertamente il debito verso i Doors, sia in termini musicali che di atteggiamento artistico. L’idea che il rock possa essere veicolo di poesia e filosofia, piuttosto che semplice intrattenimento, è diventata un patrimonio comune del rock indipendente e alternativo.

La figura di Morrison come frontman carismatico e intellettualmente impegnato ha ispirato innumerevoli vocalist che hanno cercato di combinare presenza scenica magnetica con profondità concettuale. Cantanti come Eddie Vedder, Chris Cornell, Ian Astbury e molti altri portano l’eredità morrisoniana nelle loro performance e nelle loro composizioni.

Il Mito nella Cultura Popolare

I Doors e Jim Morrison sono diventati parte integrante della mitologia della cultura popolare americana e mondiale. Film, documentari, libri, fumetti e opere teatrali continuano a esplorare la loro storia e il loro impatto culturale, testimoniando come il loro mito continui a esercitare fascino su generazioni che non hanno vissuto direttamente gli anni ’60.

Il film “The Doors” di Oliver Stone (1991), con Val Kilmer nei panni di Morrison, ha introdotto la band a nuove generazioni di fan, pur suscitando controversie per alcune interpretazioni drammaturgiche. Documentari come “When You’re Strange” (2009) hanno offerto ritratti più fedeli e documentati della vera storia della band.

La letteratura ha abbondantemente attinto alla figura di Jim Morrison, trasformandola in un archetipo del poeta moderno che sacrifica se stesso sull’altare dell’arte. Biografie, romanzi e opere poetiche continuano a esplorare il mito morrisoniano, contribuendo a mantenere viva la sua eredità culturale.

Conclusioni: Le Porte che Restano Aperte

I Doors e Jim Morrison rappresentano uno dei fenomeni più affascinanti e complessi della storia del rock, un gruppo che è riuscito a trascendere i confini della musica popolare per diventare un fenomeno culturale di portata universale. La loro breve ma intensa carriera ha dimostrato come il rock possa essere veicolo di alta cultura, strumento di trasformazione sociale e forma d’arte capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano.

L’eredità dei Doors non si misura solo in dischi venduti o riconoscimenti critici, ma nell’impatto duraturo che hanno avuto sull’immaginario collettivo e sulla percezione di cosa possa essere la musica rock. Hanno dimostrato che è possibile essere commerciali senza rinunciare all’integrità artistica, popolari senza essere superficiali, provocatori senza essere volgari.

Jim Morrison, con la sua figura di poeta-sciamano moderno, ha ridefinito il ruolo del frontman rock, trasformandolo da semplice entertainer a guida spirituale capace di condurre il pubblico attraverso esperienze di trascendenza e liberazione. La sua morte precoce ha sigillato per sempre il suo mito, trasformandolo in un’icona immortale della ricerca artistica e spirituale.

Oggi, oltre cinquant’anni dalla loro formazione, i Doors continuano a conquistare nuovi fan e a influenzare nuovi artisti, dimostrando che la vera arte non conosce confini temporali. Le “porte della percezione” che hanno aperto negli anni ’60 restano spalancate, invitando chiunque sia disposto ad attraversarle verso dimensioni inesplorate della coscienza e dell’esperienza umana.

La musica dei Doors rimane un invito costante alla libertà, alla ricerca, alla trasformazione personale e collettiva. In un mondo sempre più standardizzato e controllato, la loro eredità di ribellione creativa e di esplorazione spirituale mantiene tutta la sua attualità e la sua forza liberatoria. Come cantava Morrison: “The time to hesitate is through” – il tempo di esitare è finito, le porte sono aperte e il viaggio continua.

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Articolo pubblicato da Cheapndchik

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